Archivio storico

Quello che puoi leggere qui sotto è un articolo selezionato tra quelli scritti sul mio blog molti anni fa. Ho pensato di riproporlo per l'attualità dell'argomento oppure per gli spunti di riflessione che può offrire ancora oggi.

Creatività e pubblicità. Un dramma in musica

Chi preferisce i successi del momento, chi copia da altri spot, chi non se ne cura affatto. Le colonne sonore delle pubblicità italiane il più delle volte… steccano.

Giovanni Ghersi Comunicazione d'Impresa

La musica che accompagna una pubblicità televisiva è importante. La sua scelta è un fatto delicato che può influenzare pesantemente il risultato dell’investimento fatto. La colonna sonora si imprime nella memoria dello spettatore perché è spesso usata come strumento emozionale. La musica si unisce nel subconscio al prodotto in un binomio inscindibile: su internet migliaia di persone lasciano nei forum domande del tipo: “qualcuno sa dirmi chi canta la canzone del Panettone Pincopallo?”.

Forti di questa consapevolezza, come si muovono i creativi italiani? Le soluzioni adottate spaziano in diverse direzioni con risultati talvolta discutibili. La strada preferita per confezionare i tormentoni dei big spenders (è il caso delle compagnie telefoniche) punta in maniera decisa verso l’utilizzo dei successi del momento. Si spende un patrimonio per l’acquisto dei diritti ma almeno il marchio viene legato saldamente ad un motivetto orecchiabile e già presente nella testa degli italiani. Efficacia garantita, creatività sottozero.

A volte il risultato di questa politica ha dei risvolti esilaranti. Che l’inglese sia la lingua dominante ovunque è fuori di dubbio. Che gli italiani lo adorino in tutte le salse pur non capendone una parola è un altro dato di fatto. Curarsi dei testi delle canzoni che vengono abbinate al prodotto non ha quindi molto senso per i creativi. Risultato: pubblicità di una compagnia di telefonia cellulare; colonna sonora prescelta: il successo del momento, Dido con la sua White Flag. Mentre le immagini ci propongono la solita minestrina di spiagge e belle ragazze in costumi minimi, la musica va per conto suo: “I will go down with this ship…”, affonderò su questa nave. Sabbia dorata, cellulari irresistibili, tragedia sentimental-musicale.

A volte c’è un minimo sforzo per essere originali ma il trucco è dietro l’angolo.  “Ehi, avete presente la canzone di sottofondo della pubblicità”il mulino che vorrei”?????? mi sapete dire il titolo preciso???????” scrive Nessy sulle pagine di Yahoo Answers. Le risponde prontamente Recuxia: “la colonna sonora dello spot è “Life can be easy” di Yael Naim ed è un pezzo realizzato appositamente per Mulino Bianco”. Non ce l’avete presente? Beh guardiamoci uno spot di queste ultime settimane…

In effetti la canzone è nuova, fresca, adeguata al prodotto. Ah! Finalmente i creativi hanno fatto un minimo di ricerca, o addirittura è stata commissionata una canzone apposta per lo spot! Wow!

Non è così. In questa pubblicità del 2007 andata on air negli Stati Uniti…

Tutto sommato, copiare dagli altri può non essere troppo male se il fine è quello di imparare a camminare con le proprie gambe. Aspettiamo fiduciosi.

WhatsApp
Facebook
LinkedIn
X
Email

Altre letture

Ripartenza al ragù.

Venticinque giorni di osservazione per capire che anno sarà il 2011. Il risultato? Ho visto finire l’Italia nel tritacarne. Le conseguenze? Una ripartenza al ragù, la salsa italiana apprezzata nel mondo.

Leggi il post »

Comuni-caos 2

Comuni-caos, seconda puntata: quando i nemici della comunicazione si annidano tra i comunicatori. Ecco un altro esempio di ciò che non si dovrebbe fare se l’obiettivo è una comunicazione efficace.

Leggi il post »